Nonostante
sia pieno inverno è una serata nitida e neanche particolarmente fredda.
Appuntamento ore 19 di fronte all’ingresso della Casa di Reclusione di
Opera, il più grande carcere in Italia dove la maggioranza degli ospiti
sconta una pena in seguito a condanna definitiva.
Come
noi, una moltitudine di persone ha creduto di aderire all’iniziativa di
solidarietà promossa dall’Associazione per MITO ETS. Protagonisti,
alcuni detenuti.
In attesa davanti
agli alti cancelli dell’ingresso principale in via Camporgnago 40 la
Polizia Penitenziaria ricorda che non sono ammessi telefonini, né
chiavette USB, cuffiette, smartwatch che devono essere lasciati
tassativamente in auto. Distacco da un mondo di cui si immagina non si
possa mai più fare a meno.
Lentamente
procediamo verso l’ingresso. Arrivato il nostro turno consegniamo i
documenti di identità i cui riferimenti erano stati comunicati all’atto
dell’adesione. Superiamo un primo controllo e rimaniamo in attesa di
un’ulteriore guardia carceraria che conduca il nostro gruppetto nella
struttura preposta.
L’attesa da un
lato ci rende più sensibili al freddo e dall’altro facilita relazioni.
Si procede costeggiando un muro che, visto da sotto, dà il senso
dell’invalicabilità, dell’inviolabilità. Della reclusione. Ci si sente
ormai lontanissimi da quel mondo esterno che con i suoi ritmi spesso
frenetici caratterizza la vita di tutti i giorni.
Dopo
una camminata tra strutture protette e piazzali, superiamo un controllo
di sicurezza per ritrovarci alla “Galleria delle opportunità”, un largo
corridoio ben illuminato con diversi ingressi regolamentati da sbarre.
Lo percorriamo per buona parte per poi giungere nella capiente sala del
teatro già in parte occupata.
Succinti convenevoli, ringraziamenti da
parte dei responsabili che illustrano efficacemente la finalità de
progetto. Su il sipario, si comincia.
Partono
la musica e i canti in una contaminazione di voci, origini, stili
lasciando spazio anche a spontanee improvvisazioni mai banali.
Ascoltiamo narrazioni di storie e esecuzione di brani che fanno sintesi
di provenienze, nazionalità e religioni diverse. E’ un crescendo
dinamico ed emotivo che coinvolge il pubblico rendendolo alla fine
attivamente partecipe in un tutt’uno con l’orchestra dei detenuti.
Emerge
con potenza il valore della musica. Il suo essere linguaggio universale
ne favorisce la funzione di filo conduttore ed anche motore aggregatore
grazie all’apprezzata direzione del Maestro Alberto Serrapiglio,
docente di clarinetto che con Stefania Mormone, pianista, entrambi
docenti presso il Conservatorio G. Verdi di Milano stanno collaborando
con Per MITO ETS a questo progetto da 4 anni ormai.
La
musica unisce anche attraverso una forma complementare di
partecipazione che ha visto 4 giovani studenti dello stesso
Conservatorio integrare l’orchestra coi loro due violini, una viola ed
un violoncello che insieme con i detenuti hanno preparato l’evento
suonando nel contesto.
Musica,
canti, storie ed emozioni per un sabato sera sui generis dentro un
carcere. Osservando, ascoltando e poi salutando con una stretta di mano
queste persone ti chiedi quale possa essere il senso di tutto questo.
Non c’è spazio per alcun giudizio, ma solo per una riflessione che non
si esaurisce col concludersi della serata.
Ci
avviamo verso l’uscita, riaccompagnati dalla Polizia Penitenziaria.
Riconsegnato il pass e varcati gli alti cancelli ora aperti per il
deflusso ci lasciamo alle spalle un mondo apparentemente molto lontano
dal nostro vivere e che tuttavia non potrà essere a maggior ragione dopo
questa esperienza dimenticato.
Resterà
vivo nella mente il ricordo di quei volti che rappresentano storie
complesse di persone che investono il loro tempo in cerca di futuro.
Un’esperienza trasversale di grande valore da cui vi è molto da
imparare.
Samuele e Claudio Pirola – 18/02/2023