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Abbiamo approfittato del secondo appuntamento di #Cantachetipassa per fare qualche domanda alla cantante lirica Madelyn Renée.

Come ti è parsa questa esperienza con #Cantachetipassa?

Per me è un’esperienza emozionante ed entusiasmante, vedo che la gente si lascia trascinare e si libera, per cui fa bene.

Che effetto ti ha fatto sentire persone non professioniste?

Avevo una grande voglia di comunicare con la gente, e vedo che con la musica diventa più facile. Le persone, già solo per il fatto di venire qua, mostrano la voglia di liberarsi: la gente viene qui appositamente per cantare, quindi sa che deve mettere da parte la timidezza e liberare la voce. Abbiamo tutti voglia di questo tipo di sfogo.

Avevi già fatto qualcosa di simile?

No, ma è da anni che penso che il canto e la musica in generale non abbiano limiti. Avevo già in mente un progetto simile, perciò quando Anna Gastel me ne ha parlato ha trovato un terreno fertile. È un inizio che spero abbia un seguito.

Tu non insegni?

No, non faccio l’insegnante di canto al momento. Vorrei farlo più avanti, quando la mia vita sarà meno frenetica.

E ti confesso che non sono un’abile pianista, per cui l’idea di non poter accompagnare il cantante mi blocca. Però aiuto sempre i giovani cantanti, sono sempre disponibile e lo faccio con grande gioia. So quanto sia difficile questo mestiere e so quanto è importante per un cantante giovane potersi confrontare con un’artista che ha già fatto carriera.

Nella tua spiegazione hai parlato di esercizi: cosa cambia tra l’ambito lirico e il genere pop?

Per chi convive con la voce, gli esercizi per riscaldarla sono fondamentali. Noi siamo atleti e quindi dobbiamo iniziare piano piano. Non si può fare una gara se non hai fatto un po’ di stretching prima.
È cosi anche per chi canta: non bisogna aggredire le corde vocali senza avere un minimo di preparazione o si rischia di rimanere senza voce!

E la convivenza col tuo strumento?

Rispondo da cantante professionista: se tu non stai bene di voce, non puoi reggere una recita. Noi cantanti stiamo attenti alla salute perché cerchiamo sempre di rispettare i nostri impegni per non deludere il nostro pubblico. Quindi se per un raffreddore, un colpo d’aria, ti va giù la voce è sempre meglio rinunciare allo spettacolo. Specialmente se sei ai livelli di Pavarotti: devi essere sempre al top. Noi diciamo in inglese: – You’re as good as your last performance! – che vuol dire che sei bravo come nella tua ultima recita.

Il giorno della recita Pavarotti si svegliava, faceva i vocalizzi prima di mangiare e poi non cantava più fino a quando arrivava in teatro. Riprendeva in camerino facendo gli esercizi fino che non era soddisfatto, curando ogni suono. Lui diceva: – Non bisogna lasciare la voce in camerino – Perché ci sono dei cantanti che cantano tutta l’opera in camerino, poi arrivano sul palcoscenico e non hanno più voce. Perché la voce va gestita, dosata. Per Pavarotti la sua esistenza era una vita di studi in quanto il repertorio lirico ha delle esigenze ben precise.

Sono regole che valgono anche per i cantanti di altri generi musicali.

Anche Celentano vive con la voce e sa che deve respirare correttamente. Mio figlio, jazzista, per anni mi prendeva in giro per come mi prendevo cura della mia voce. Poi, quando è toccato a lui cantare in pubblico, mi ha capito. Per chi usa la voce è importante essere in forma e curarsi. Ma ovviamente questo vale per chi del canto ne fa una professione, e non solo un hobby.

Hai accennato a Pavarotti e sappiamo che sei stata una sua allieva: un aneddoto che vuoi raccontarci?

Ho avuto la grande fortuna di aver di aver studiato e lavorato con Luciano. Ho studiato 9 anni con lui e sono tuttora la sua unica allieva dichiarata anche se ha sempre aiutato i giovani cantanti. Era molto esigente e aveva poco pazienza: quando sbagliavi si arrabbiava e anche tanto, ma quando cantavi bene non era per nulla avaro di lodi.

Perché alcuni cantanti possono consumare la propria voce, come successo a Maria Callas?

In generale – e questo vale non solo per i cantanti lirici – la voce subisce una certa usura col tempo come, del resto, tutto il nostro corpo. Con gli anni tutto cambia, siamo sempre in evoluzione, l’usura è fisiologica. La Callas ha fatto una dieta che le ha radicalmente cambiato il corpo e, di conseguenza, anche la voce.

Qualsiasi strumento – e la voce possiamo considerarla tale – necessita di studi continui e bisogna quindi tenersi allenati. Se non studi, la tecnica ne risente e perdi l’agilità della muscolatura.

La mostra qui in Gallerie d’Italia è dedicata a New York. Tu sei nata a Boston e hai iniziato a studiare in America. A Boston studiavi e cantavi in italiano. Come si vedeva l’Italia dall’America e come è stato il tuo impatto con questo paese quando poi sei arrivata qui?

Sono innamorata dell’Italia da quando ci sono arrivata alla fine degli anni ’70 e ho fatto il mio debutto alla Scala nell’82. Quando si inizia a studiare canto, specialmente il canto lirico, si comincia spesso con le arie italiane antiche in quanto l’italiano è particolarmente musicale. Voi avete una lingua che si legge come si scrive; una lingua pura. E in più, essendo piena di vocali, facilità molto l’uscita e la modulazione del suono. Voi avete questo ben di Dio naturale intrinseco nella vostra lingua e nella vostra gola!

Noi come Associazione per MITO Onlus abbiamo portato la musica nelle carceri e nelle periferie, ti viene in mente altro che potremmo fare?”

Mi viene in mente di portare un progetto simile anche nelle scuole e soprattutto agli anziani, perché la musica è più forte di ogni altra memoria.

Grazie. A giovedì prossimo con l’ultimo appuntamento di #Cantachetipassa

Qualche immagine dalle gallerie dei primi appuntamenti di #Cantachetipassa

Cantachetipassa con Madelyn Renée presso le Gallerie d’Italia, in collaborazione con Io Donna.
Foto: Daniela Tenore, Fabio Pedaletti, Giuseppe Pullini

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Gallerie d’Italia

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